27 Febbraio 2014 – L’ultimo Sonderkommando

Enrico Vanzini
L’ultimo Sonderkommando italiano
a cura di Roberto Brumat

27 Febbraio 2014
VILLA RINA
ore 21.00

L’ultimo Sonderkommando italiano, edito da Rizzoli e curato da Roberto Brumat, è la biografia di Enrico Vanzini (oggi ha 91 anni e vive vicino a Cittadella – Pd). Nel ’43 fu catturato dai tedeschi e deportato in una fabbrica in Germania da dove fuggì con altri due italiani. Tradito da una ragazza milanese e consegnato alla Gestapo, un’ora prima di essere messo davanti al plotone d’esecuzione fu, invece, portato nel lager di Dachau in cui rimase 7 mesi fino all’arrivo degli americani.

Il suo è un racconto drammatico, e non solo per la fatica di sopravvivere (56 kg persi in 7 mesi contendendosi coi topi i resti della spazzatura), ma per le percosse, per ciò che patì, vide e fu costretto a fare. Per 15 giorni lo obbligarono a diventare un Sonderkommando, uno delle squadre di internati incaricati di riempire di cadaveri i forni crematori. Fu allora che seppe cosa c’era in quella casa fuori della quale tante volte l’avevano obbligato a trainare, assieme ad altri, dei carri pieni di morti.

Quando sente del testamento di Priebke e della negazione dell’esistenza delle camere a gas si infuria. Lo racconta nel libro: “E’ stata una scena agghiacciante, non sapevo dell’esistenza della camera a gas, non sapevo cosa fosse una camera a gas; ed era lì, una cameretta oltre lo stanzone dei forni. Sono entrato in quell’inferno alle 5,30 del mattino. Dentro c’era un forte odore di gas, così le SS ci hanno fatto indossare una mascherina da chirurgo per poter respirare. C’era un’atmosfera spettrale, con quattro lucine accese in alto sugli angoli del locale. Li abbiamo trovati abbracciati gli uni agli altri, avvinghiati così forte che non eravamo capaci di staccarli dalla stretta che li aveva uniti quando si erano sentiti morire. Erano ebrei, poveretti come noi. Sessanta uomini di ogni età, erano ancora attaccati, uno all’altro, era qualcosa che ti spaccava il cuore…”